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Rifugio Carrara

Rifugio CAI Carrara a Campocecina

Immagini da Google Maps

La zona di Campocecina, nella quale sorge il rifugio è tra le più belle delle Alpi Apuane: costruito nel 1957 e recentemente ristrutturato, si trova a 1.320 metri di altezza in posizione dominante la valle di Carrara.

I prati di Campocecina, adiacenti il rifugio e contornati da boschi, sono molto frequentati da famiglie per gite domenicali sia in estate che in inverno e consentono anche facili escursioni, ad esempio al soprastante Monte Borla 1.469 m e al Monte Sagro 1.749 m, da dove nelle giornate di aria serena la vista spazia sul Alpi Apuane, isole dell'arcipelago Toscano, Corsica fino al Monviso. Il rifugio è un ottimo punto di partenza per numerose escursioni più impegnative che consentono di arrivare in Lunigiana e nelle valli di Massa.

Facilmente raggiungibile in auto, occorrono pochi minuti a piedi dal parcheggio di Acquasparta per un breve acciottolato chiuso al transito ma fruibile con un fuoristrada per emergenze o necessità.

La struttura ricettiva offre il servizio di ristorazione all'alpinismo ed escursionismo di giornata, è un valido punto di appoggio agli alpinisti ed escursionisti impegnati in attività e trekking di più giorni e, grazie all’ampia sala, può essere utilizzata a supporto di attività di educazione ambientale e di ricerca scientifica.

Dispone di acqua corrente calda e fredda, corrente elettrica, impianto fotovoltaico, acqua potabile, depurazione dei reflui mediante fossa Imhoff, impianto di riscaldamento, locale bar, cucina e ristorante al piano terra, 45 posti letto con letti a castello al primo e secondo piano con w.c. e docce ad uso comune, locali ad uso esclusivo gestore al secondo piano.

Il rifugio è dotato di posto telefonico e svolge servizio di stazione di appoggio per il soccorso Alpino, stazione meteo (https://www.meteoapuane.it/37CAMPOCECINA/) ed è dotato di servizio internet per uso solo privato

 

ALCUNI RIFERIMENTI DEL PASSATO

Il vecchio rifugio a Pianza

l 7 novembre 1937, sotto i pendii del monte Borla rivolti a nord-est e il versante occidentale del monte Sagro, la Sezione di Carrara inaugura il suo primo rifugio ad appena un anno dalla sua rifondazione. La struttura, tutta in pietra con tetto in ardesia, era di proprietà di una famiglia di Monzone i Federici, con la quale la Sezione stipula un contratto di affitto e Sabatino Federici ne diventa il gestore. La decisione di avere un rifugio alpino in questo tratto di Apuane occidentali, fu presa dal Consiglio direttivo presieduto dal Presidente Carlo Vianello.
 

La realizzazione dell’attuale struttura

Nel 1952 i mancati accordi con la proprietà del vecchio rifugio e probabilmente anche le esigenze della Sezione di avere una struttura più confortevole e conforme ai tempi, danno inizio ad una raccolta fondi per un nuovo rifugio da costruire alle Prade di Vinca, o sui pendii del monte Garnerone. In attesa di questa scelta la Sezione viene a disporre di una superficie di circa 2000 mq. concessa in uso per 19 anni dal Comune di Carrara, per cui viene deciso di edificare il futuro rifugio a Campocecina. In seguito la Sezione acquista il terreno con atto notarile del 12 febbraio 1965, compresa la zona di rispetto e quella da destinare al verde per un totale di 4500 mq, alla quale vengono aggiunti altri 800 mq. per costruirvi una chiesetta.
Il costo preventivato inizialmente per la costruzione del rifugio è di  4.500.000 di lire. I lavori vengono affidati alla ditta edile Cappetta di Ortonovo, su progetto del socio Geom. Augusto Santucci e dureranno circa due anni. In corso d’opera aumentano i costi della costruzione, fino ad arrivare ad una spesa finale di 6.500.000 di lire. La parte più consistente dei contributi arriva dal Comune di Carrara, dalla società Montecatini Marmi, dalla Cassa di Risparmio di Carrara, dalla Sede Centrale del CAI, dall’Ente Provinciale del Turismo, dalla Camera di Commercio di Carrara e da singoli soci.
Un plauso va al consiglio di quegli anni ed in particolare al presidente Plinio Volpi, per il grande impegno svolto affinché venissero trovati i fondi, e per aver costantemente vigilato alla realizzazione del rifugio. Numerosi furono anche gli iscritti a prestare il loro servizio di manodopera durante le fasi della costruzione.

 

Campocecina zona di pregio ambientale

Il 1966 è l’anno in cui vengono messe a confronto le sorti di gran parte dell’area di Campocecina, per cui gran parte della Sezione, sensibile alla tutela dell’ambiente e alla sua valorizzazione, si adoperò affinché a tutta l’area di Campocecina fosse risparmiata la sorte di tante altre località alpine, deturpate da una indiscriminata lottizzazione, mirata soprattutto a dare soddisfazione a coloro che avevano interessi a cementificare l’area. Superate le prime diffidenze e incomprensioni, il progetto trova larghi consensi da parte dell’opinione pubblica e degli amministratori.  Proprio a Campocecina, il 19 ottobre 1967, si riunisce la Commissione per la Tutela delle Bellezze Naturali della Provincia, dove fu decisa l’inclusione di tutta l’area nell’elenco delle località da sottoporre a tutela. Così il 22 novembre 1968, la Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana pubblicava il decreto ministeriale che dichiara Campocecina, per la parte dei confini all’interno del Comune di Carrara, zona di notevole interesse pubblico, vincolandola alle precise norme di rispetto contenute nella legge del 29 giugno 1939 sulla protezione delle bellezze naturali, evitando così la temuta lottizzazione. I confini dell’area sottoposta a tutela ambientale sono riportati nella Gazzetta Ufficiale. La motivazione per il riconoscimento fu la seguente: «Riconosciuto che la zona predetta ha notevole interesse pubblico perché costituita da zone prative e boscose, mèta di gite e punto di partenza per escursioni sulle vette più alte delle Alpi Apuane, rappresenta una località di notevole interesse paesaggistico, naturalistico e turistico, unica nel suo genere, per la sua incomparabile posizione dominante un ampio panorama dalle sottostanti cave fino al mar Tirreno» (Gazzetta Ufficiale). A questa iniziativa non aderirà il comune di Fivizzano per la parte del territorio di Campocecina di sua competenza.

 

Alcune ristrutturazioni

Il rifugio Carrara, dal giorno della sua inaugurazione, avvenuta il 29 settembre 1957, lavorò ininterrottamente per 23 anni fino ad ottobre 1980, quando la Sezione in un comunicato ne annunciò la chiusura a tempo indeterminato, ovvero, a quando la struttura non sarebbe stata resa di nuovo agibile attraverso la realizzazione di importanti lavori di restauro. I vari appelli emessi dalla Sezione per una raccolta fondi, anche attraverso il suo periodico Alpe di Luni, vengono recepiti da alcuni enti pubblici, tra i quali si distinguono l’Amministrazione Provinciale e Comunale, la Comunità Montana Apuo-Versiliese e anche la Regione Toscana che ha consentito l’accesso ai benefici di una legge regionale per lo sviluppo montano. Da una raccolta fondi interna alla Sezione vengono raccolti circa 5 milioni. In totale nel corso di due anni si raggiunge la somma di 33 milioni, non sufficienti a completare i lavori di restauro del rifugio, ma utili per poter iniziare i lavori. La spesa finale raggiungerà la cifra di oltre cinquanta milioni di lire. Esattamente due anni dopo, siamo sul finire del 1982, il rifugio Carrara riprende la sua attività completamente ristrutturato. Circa un ventennio dopo riprendono i lavori per un ampliamento dell’edificio in buona parte finanziato dal Comune di Carrara. I lavori iniziarono nel 2002 coinvolgendo nella ristrutturazione la parziale sopraelevazione del piano mansardato per un adeguamento alle normative vigenti nel settore delle attività turistico-alberghiere, in cui sono inseriti i rifugi alpini. Con la sopraelevazione è stato possibile ricavare quattro nuove camere, portando la capienza del rifugio a 31 posti letto.

 

La viabilità

Quando la Commissione decise di costruire il rifugio Carrara la strada carrozzabile non era ancora completata, per cui la struttura aveva ancora la funzione di rifugio isolato e accessibile solo dopo alcune ore di cammino dai fondovalle. Con il compimento della viabilità avvenuto nel 1963, con l’ultimo tratto di strada che unisce la località Capanne Ferrari con il piazzale dell’Uccelliera, il rifugio perde la propria originalità che lo aveva caratterizzato. Da questo momento la caratteristica è quella di alberghetto sociale accessibile anche a coloro che a piedi non possono raggiungerlo.
Già nei primi anni cinquanta ci fu un forte interessamento per la costruzione della strada come dimostrato da un intervento dell’allora presidente Plinio Volpi nel 1953: «Questa località, trascurata per secoli, unicamente magnificata dagli amanti della montagna, deve essere collegata a Carrara per mezzo di una strada. Soprattutto una strada. Apprezziamo le seggiovie o qualsiasi altro mezzo atto ad annullare l’attuale impervia ascesa, ma per ovvie ragioni, elementari ragioni, soltanto una strada potrà risolvere in modo tangibile il più assillante problema turistico della nostra zona […]». La strada, a quel tempo, arrivava fino a Castelpoggio, e faceva parte dell’asse viario Carrara-Fosdinovo-Fivizzano. I lavori che riguardavano il tratto Carrara-Castelpoggio terminarono nel 1845. Nel periodo in cui si riferisce Plinio Volpi era in costruzione il tratto che arrivava alla Maestà. Nel 1963, come anzidetto, la strada fu completata fino a poche centinaia di metri dal piazzale dell’Uccelliera.
 

I gestori del rifugio:

Il primo fu Carlo Bedini, in ordine di successione troviamo i seguenti gestori: Marino Battaglia, Elia Bernacca, Roberto Morelli, Riccardo Carnovalini e Cristina di Bono, Nando Gemignani e Paolo Borghini. Dopo l’avvenuta ristrutturazione il rifugio viene gestito da Alba Maggi e Orlando Battelli, Massimo Bianchi e Patrizia Lepore, Tulio Casarini e Lidia Mulas. Dopo la nuova ristrutturazione avvenuta nel 2000 la gestione sarà affidata alla società Monte Sagro Tourist e a Daniela Galimberti, a cui subentrerà Gianni Scaffardi e Maria Grazia Repetto che, venuto a mancare Gianni Scafardi nel 2017, ne prosegue la gestione fino al 2022 Attualmente la struttura è gestita da Giovanni Tomagnini e dalla sua famiglia.

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